Vitigni rari e dimenticati

Vitigni rari, modesti e dimenticati.

Alcuni vitigni scompaiono, altri tornano in voga: le mode e le esigenze di mercato si evolvono continuamente.

La pianta della vite ha tre caratteristiche peculiari: i ceppi sono molto diversi tra loro, si incrociano facilmente e un piede può vivere centinaia di anni. Grazie a queste caratteristiche, la diversità dei vitigni, dopo secoli di incroci e di adattamento al territorio è assolutamente straordinaria.

Col passare del tempo però, parassiti (ad esempio la fillossera) e funghi microscopici, come l’oidio e la peronospera, hanno costretto i viticoltori a piantare nelle loro terre vitigni più resistenti. Così migliaia di viti autoctone sono state sradicate a discapito della biodiversità.

Alcuni vitigni sono stati dimenticati per varie ragioni, ad esempio perché non producevano molta uva, o, al contrario, ne producevano troppa, non generavano alcol a sufficienza (ora invece si piantano per fare vino a basso tenore alcolico), e via dicendo.

Oggi si ricercano i ceppi rari perché la loro biodiversità conferisce sapori insoliti, risolve problemi tecnici, resiste ad una determinata malattia o risponde al gusto del momento.

Fra i tanti vitigni locali abbandonati, l’abrostine (o abrusco) toscano era rinomato ai tempi degli etruschi che lo usavano in medicina o per fortificare altri vini della regione. Era stato dimenticato a causa della scarsa produttività. Ora è stato salvato dalle Università di Pisa e di Firenze nell’ambito di un programma europeo.

Un altro motivo di abbandono, diametralmente opposto, è la troppa abbondanza di grappoli. L’Aramon, relativamente resistente all’oidio, produce quantità enormi di uva (fino a 300q/ha), oltre a dare vini di discreta beva.

Questo vitigno, che durante la crisi di sovrapproduzione fu bandito dalle denominazioni “vini di qualità”, oggi si sta nuovamente diffondendo e si riesce anche ad ottenere un’uva migliore, per esempio per un vino biologico.

Tra i vitigni dimenticati ci sono anche alcune denominazioni piuttosto rinomate.

Il Pinot Nero, il Pinot Meunier e lo Chardonnay coprono più del 99% delle vigne della regione dello Champagne, e solo lo 0,3% è costituito da altri ceppi bianchi autorizzati, come l’arbane, il petit meslier, il pinot bianco e il pinot grigio.

Nel suo Quattuorla cantina Drappier mescola in parti uguali lo chardonnay, il pinot bianco, il petit meslier e il rarissimo arbane. I vini sono conservati in cantine che appartenevano all’abbazia di Clairvaux. L‘INRA di Marsellan, nella regione della Linguadoc, conserva 7500 vitigni diversi in un terreno sabbioso esente da fillossera.

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