Tappi Sughero vs. Diam

Sughero o non sughero?

Questione di tappo

Già i Romani avevano scoperto le proprietà del sughero e se ne servivano per sigillare le anfore vinarie. L’uso di questo materiale fu poi abbandonato per lungo tempo, fino a quando, con il perfezionamento delle bottiglie di vetro, sorsero in Provenza le prime fabbriche, verso la fine del Seicento. Nello stesso periodo, secondo la tradizione, l’abate Dom Pérignon trovò nel sughero il materiale ideale per la tappatura del suo Champagne. Il sughero si ricava dalla quercia da sughero, albero che comincia a dare i suoi frutti solo a venti/trent’anni dal suo impianto. Il ricavato della prima raccolta, detto “maschio” o “sugherone” è però un materiale di scarso pregio, non utilizzabile per la produzione di tappi monopezzo. Soltanto a partire dalla seconda estrazione, la quale deve essere effettuata almeno dieci anni dopo la prima, si ricava il sughero detto “femmina” o “gentile”, quello di qualità superiore.

Il sughero è costituito da un tessuto di cellule sovrapposte in piani regolari, fatte di cellulosa nella parte interna, lignina nella parte esterna e da uno strato di suberina nella parte intermedia. Quest’ultima, che costituisce gran parte della membrana cellulare, è la sostanza organica che gli dona le proprietà che lo rendono ideale per la chiusura delle bottiglie di vino: resistenza, impermeabilità, plasticità, flessibilità, aderenza, unite a facile lavorabilità e a notevole capacità di durata (un buon tappo tiene anche 20/25 anni), dopo sarebbe opportuno sostituirlo, ritappando la bottiglia e colmandola con vino dello stesso tipo per evitare ossidazioni.

Eliminate polveri e impurità, i tappi vengono sterilizzati in apposite soluzioni, essiccati e lubrificati. Quest’ultima operazione è necessaria per facilitare l’entrata del sughero nel collo della bottiglia e ridurre la formazione della polvere. Il complesso processo di lavorazione non impedisce però, che alle volte si trasmetta al vino, in modo più o meno intenso, il fastidiosissimo “gusto di tappo”, che pregiudica irrimediabilmente il contenuto della bottiglia. Il tappo difettoso va a rovinare il vino subito dopo l’imbottigliamento!

Accanto ai tradizionali tappi monopezzo, ottenuti da strisce di sughero intere, esistono diverse altre tipologie: tappi compensati, costituiti da una serie di pezzi assemblati e tappi di agglomerato, ottenuti con un granulato di sughero incollato sotto pressione. Rispetto a questi ultimi, i pareri sono diversi, secondo alcuni infatti, se ne deve diffidare perché non assicurerebbero un’adeguata tenuta; altri invece sostengono che le moderne tecniche di produzione garantiscono buoni risultati.

E’ riguardo all’uso del sughero in generale che è in corso attualmente un vivace dibattito. Per molti è insostituibile, sia per ragioni di immaginario e di suggestione (dove andrebbe a finire il rito della stappatura?), sia per motivi di carattere tecnico (nessun altro materiale ha la leggerezza, l’elasticità e l’impermeabilità del sughero). Altri, anche in considerazione del fatto che le riserve di sughero si stanno esaurendo, mentre la domanda continua ad aumentare, vorrebbero estendere l’uso dei tappi a corona, oppure di quelli a vite e riservare il sughero ai vini più importanti e da lungo invecchiamento.

Un’alternativa che già diverse aziende hanno adottato è rappresentata dai tappi sintetici in materiale plastico espanso (si tratta di polimeri termoplastici che imitano la struttura cellulare del sughero). La loro affidabilità, quanto meno su bottiglie da bere nel giro di pochissimi anni, è dimostrata: la tenuta pare essere ineccepibile e viene meno, naturalmente, il rischio del “gusto di tappo”. Lo stesso discorso vale per un’altra recente scoperta: il tappo di vetro. Alcuni produttori di tappi di sughero, preoccupati per il dilagare di soluzioni alternative, stanno sviluppando nuove tecnologie per rendere più sicuro il loro prodotto.

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