Il ruolo dell'anidride solforosa

Il ruolo dell’anidride solforosa

Protezione del vino

Risale indietro nel tempo l’uso dello zolfo come antisettico per la produzione e la salvaguardia del vino, pratica che oggi viene continuata addizionando metabisolfito, un sale che immesso nel mosto o nel vino sviluppa anidride solforosa. Intervenendo così in fase di vinificazione, si regola la fermentazione alcolica e si protegge il vino dalla nefasta azione dell’aria.

Durante la fermentazione alcolica, l’anidride solforosa provoca una selezione dei microrganismi inibendo del tutto le azioni delle muffe, dei batteri e dei lieviti “cattivi” senza impedire il lavoro dei lieviti “buoni” vinificatori che possono così attaccare lo zucchero per trasformarlo in alcol. Nell’uva sana , una dose di 50-100 milligrammi per litro di anidride solforosa svolge adeguatamente la sua funzione, mentre per uve poco sane, ricche di muffa, la dose va aumentata a 150-200 milligrammi per litro.

L’anidride solforosa svolge una seconda azione: “captare” per così dire l’ossigeno che altrimenti andrebbe a ossidare le sostanze coloranti, conferendo quel colore, odore e sapore tipici di un vino ossidato.

L’anidride solforosa si avverte subito per il suo odore pungente di zolfo; quando questo risulta eccessivo significa o che le uve erano poco sane in origine o che si è abusato in fase di vinificazione per non correre rischi di ossidazione.

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