
Le vigne recintate delle Azzorre: suolo vulcanico
Patrimonio dell'Unesco.
L’arcipelago portoghese delle Azzorre, distante circa 1500 chilometri dall’Europa, ha saputo valorizzare il suo territorio poco coltivabile (perché vulcanico e montuoso) piantando vigne. Per proteggerle dal vento, gli isolani hanno scavato buche nelle colate di lava e costruito grandi distese di muretti di basalto, che racchiudono “currais”, minuscole parcelle di forma più o meno regolare, con una decina di viti l’una, disegnando così un paesaggio straordinario tutelato dall’Unesco.
I viticoltori ricevono sovvenzioni per affrontare il costo notevole della manodopera. La pietra nera immagazzina il calore del sole per restituirlo di notte, creando così un microclima particolarmente favorevole.
In questo territorio molto singolare l’uva cresce, matura e si secca sulla pianta. Per ottenere vino di uva passa, non c’è bisogno di appendere i grappoli con i fili o di ricorre a procedimenti di essiccazione. Prima che l’uva si secchi completamente, i viticoltori la raccolgono e la pressano, ottenendo un succo molto dolce che diventa vino liquoroso. Questi vini esportati erano la grande ricchezza dell’isola.
Intorno al 1850 l’oidio, malattia di provenienza americana provocata da un fungo microscopico, attaccò le Azzorre; le vigne così deperirono provocando un disastro economico e spingendo gli isolani ad emigrare. Contro queste malattie ci sono soluzioni chimiche e biologiche: l’aspersione di zolfo, un metodo inventato nel Languedoc da Marès, oppure la scelta di viti americane resistenti all’oidio.
Oggi l’isola di Terceira produce un vino liquoroso chiamato Biscoitos, il cui nome deriva da fori scavati nella lava, per piantare la vite, che ricordano i biscotti. I ceppi locali si chiamano verdenho delle Azzorre e terrantez.
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